Piazza San Biagio (RG)
Presentazione del volume di Saverio Ricordo e Alessandro Turtulici, “Le fiuredde”.
Saluti:
– S.E. Mons. Giuseppe La Placa, Vescovo della Diocesi di Ragusa
– Maria Stella Micieli, Presidente Pro Loco di Comiso
– Tina Vittoria D’Amato, Presidente Club per l’Unesco di Comiso
Presentazione:
– Maria Rita Schembari, sindaco di Comiso
Relatori:
– Saverio Ricordo
– Alessandro Turtulici
Moderatrice:
– Laura Incremona, giornalista
Conversando qualche giorno fa con una mia collega insegnante, convenivamo assieme su quanto di singolare accada a chi, per mestiere e per passione, ha quotidiane frequentazioni con la letteratura: tutto ciò che una persona tale vive, le sue esperienze, i pensieri, le parole proprie o altrui assumono una doppia valenza. Valgono per se stessi, in quanto fatti e accadimenti della realtà, ma rimandano al contempo a passi di romanzi, o a scene drammatiche, più spesso ancora a versi, comunque ad una “realtà dell’immaginazione” che dona loro un valore ulteriore, imponderabile ed inestimabile. Confesso che capita di frequente anche a me, e che è successo anche quando il magnifico gruppo di lavoro che ha dato vita a quest’opera è venuto a propormi di riflettere e scrivere qualche riga di presentazione in qualità di primo cittadino. La mia memoria, sollecitata dal tema delle “fiuredde”, è corsa a cercare tra i versi di un poeta dialettale che al rapporto tra un cieco e il Cristo di un’edicola di Trastevere dedica alcuni dei suoi più intensi sonetti. Un cieco – canta Trilussa nei suoi endecasillabi in romanesco – si ferma ogni giorno all’angolo di una via, tastando con il bastone il punto esatto, laddove la madre da bambino gli diceva ci fosse un’immagine di Gesù, esortandolo a pregare lì davanti e a non temere mai, nemmeno l’oscurità a cui era condannato. Il cieco ormai adulto non sa che quell’edicola è stata smantellata da qualche tempo, che le statuette dei puttini che la abbellivano, così come le altre sue parti più pregevoli, sono andate vendute da vari rigattieri a danarosi acquirenti, e allorché sente di essere giunto davanti al suo Cristo “si ferma, fa un inchino, recita un Paternostro e rivà via”. La realtà è che in quello stesso punto da alcuni mesi insiste un’insegna d’osteria, che illuminata in rosso invita gli avventori a gustare del buon vino. Certo il contrasto tra il trasporto fiducioso del cieco e la prosaicità del luogo ormai spogliato della sacralità popolare di un tempo è grande, tanto da suscitare il riso dell’ostessa, che sarebbe tentata di svelare al poveretto la triste verità, “ma quann’è ar dunque, nun se sa’ decide”: saggiamente la donna pensa – alle preghiere sincere di un uomo Dio risponde con immediata liberalità, “senza guarda’ la mostra de bottega”. È proprio così, alcune delle immagini sacre fotografate da Gaetano, catalogate e commentate da Alessandro con la guida sapiente e dotta del Maestro Saverio Ricordo, sono ormai parzialmente danneggiate o completamente abrase. Eppure, esse continuano a donarci un confortante senso di appartenenza ad una Fede semplice ed immediata, che in un percorso fisico lungo strade cittadine o viottoli di campagna, tra immagini del Cristo, di Madonne Annunciate o Addolorate, di Santi oranti e miracolosi, ci dona l’impareggiabile illusione di essere parte di qualcosa che c’è da sempre e che, se solo ce ne prendiamo cura, continuerà ad esserci per sempre, in questo cammino terreno che ci è toccato di compiere proprio qui e proprio ora.