Presentazione del volume di Salvatore Spampinato “Giovanni Spampinato”.
Dialoga con l’autore il giornalista Angelo Di Natale.
Giovanni Spampinato era corrispondente da Ragusa dei quotidiani L’Ora e L’Unità e aveva 25 anni quando, il 27 ottobre 1972, fu assassinato all’interno
della sua Cinquecento, davanti al carcere di Ragusa, da Roberto Campria, figlio dell’allora presidente del locale tribunale, e tra i maggiori indiziati per l’omicidio del commerciante di opere d’arte Angelo Tumino, avvenuto in città otto mesi prima. L’Ora l’indomani titolò “Assassinato perché cercava la verità” e la verità che cercava Giovanni non era solo quella che riguardava l’assassinio del Tumino ma anche, e forse soprattutto, quella relativa ai rapporti tra le organizzazioni di estrema destra (in quei giorni fu notata la presenza a Ragusa di Stefano delle Chiaie e di altri fascisti legati in qualche modo a Junio Valerio Borghese, che due anni prima aveva tentato un colpo di stato) e la criminalità organizzata. Forse, quella che è da tutti conosciuta come la provincia “babba”, stupida, cioè senza mafia, così stupida non era. Anche su quello Giovanni stava indagando, sulla convergenza tra neofascismo e criminalità, ed è in quell’ambiente che probabilmente bisogna cercare il movente del suo omicidio. Ad oggi, del delitto Tumino non si conoscono né esecutore né movente.
Presentazione del volume di Andrea Iurato “Leggi di più (e meglio)”.
Dialoga con l’autore Emiliano Amico.
Questo non è certamente un libro motivazionale, quindi non mira a fare incetta di “convertiti” né si prefigge di addestrare futuri “promoters” del credo lettura alla virulenza verbale da neo adepto vegano o no vax, ma di un conciso, godibile manuale scritto da un “lettore vorace confesso” con il dichiarato intento di invogliare a leggere di più e con maggiore consapevolezza. Leggi di più (e meglio) è un’appassionata dichiarazione di amore per il leggere: ogni libro, dal più costoso al più economico, dal meglio conservato al più sbrindellato, dall’incunabolo medioevale all’ebook di ultima generazione. A legare ogni pagina il sottile, ma robusto filo del suggerire discreto, senza lo spocchioso, finto quasi glissare del nato “imparato”, reso più credibile e persuasivo dalla umiltà di aver
sperimentato di persona le difficoltà del percorso. Ovviamente, anche per leggere si deve essere allenati. Andrea non lo nasconde e avverte che comporta tempo, costanza e buona volontà. Ma si dice assolutamente certo che l’allenamento sarà ripagato da un piacere straordinario, capace di rinnovarsi puntuale e immutato ogni volta. E per sempre…
Presentazione del volume di Salvatore Spampinato “Giovanni Spampinato”.
Dialoga con l’autore il professore Giuseppe Pitrolo.
Giovanni Spampinato era corrispondente da Ragusa dei quotidiani L’Ora e L’Unità e aveva 25 anni quando, il 27 ottobre 1972, fu assassinato all’interno
della sua Cinquecento, davanti al carcere di Ragusa, da Roberto Campria, figlio dell’allora presidente del locale tribunale, e tra i maggiori indiziati per l’omicidio del commerciante di opere d’arte Angelo Tumino, avvenuto in città otto mesi prima. L’Ora l’indomani titolò “Assassinato perché cercava la verità” e la verità che cercava Giovanni non era solo quella che riguardava l’assassinio del Tumino ma anche, e forse soprattutto, quella relativa ai rapporti tra le organizzazioni di estrema destra (in quei giorni fu notata la presenza a Ragusa di Stefano delle Chiaie e di altri fascisti legati in qualche modo a Junio Valerio Borghese, che due anni prima aveva tentato un colpo di stato) e la criminalità organizzata. Forse, quella che è da tutti conosciuta come la provincia “babba”, stupida, cioè senza mafia, così stupida non era. Anche su quello Giovanni stava indagando, sulla convergenza tra neofascismo e criminalità, ed è in quell’ambiente che probabilmente bisogna cercare il movente del suo omicidio. Ad oggi, del delitto Tumino non si conoscono né esecutore né movente.
Presentazione del volume di Antonio Barone “La storie di Nino”.
Dialogano con l’autore lo scrittore Filippo Bozzali e la professoressa Dela De Pasquale.
In questo libro si racconta la vita di un uomo, un uomo che, come scrive nella sua prefazione Demetra Barone, “ha sempre sognato. Una storia qualunque di un uomo qualunque che diventa la storia unica di un uomo che sogna”. Un sogno, una serie di ricordi che ci fanno conoscere Nino, il protagonista del sogno, attraverso le persone e i luoghi che egli ha incrociato o vissuto. A far da sfondo ai racconti e alle poesie che riempiono le pagine di questo volume c’è più di mezzo secolo di storia italiana. Una storia che parte dai primi anni ‘60 del secolo scorso per concludersi “l’altro ieri”, con il racconto che ha per “protagonista” il Covid-19. In mezzo c’è la Sicilia, il paesino natio dell’autore e la sua infanzia, i suoi amori, i suoi viaggi, i suoi amici, la sua famiglia. “Questo è Le storie di Nino, un libro di racconti e poesie che ci fa conoscere la vita semplice di un uomo che continua a sognare”.
“Ragazzi scalzi in tour” incontra gli studenti di Pozzallo.
Sono sempre stata definita “nera”. Neri i miei capelli, neri i miei occhi, scura la mia carnagione. Ho sempre vissuto dentro schemi preconfigurati, galleggiando nelle mie certezze, sguazzando tra le mie convinzioni. Un giorno ricevo una chiamata: ho la possibilità di essere assunta presso la cooperativa sociale Filotea. Accetto. Vengo accolta da un rassicurante coordinatore. Bianco. Durante il nostro colloquio entra nella stanza un ragazzo, un mediatore culturale. Nero. Mi porge la sua mano per una stretta. Non ho mai dato la mano a un uomo di colore… mi alzo in piedi e gliela stringo. Non posso non rimanere rapita da quell’intersecarsi di dita, da quell’unione di due mani, di due mondi. Contemplo le nostre mani, una bianca e una nera, in quell’immagine da sempre vista su copertine di giornali o fotografie. Ma quella mano è la mia! Improvvisamente mi sento bianca. Avverto nel colore della mia pelle un candore mai sperimentato prima. Vedo la diversità ma non la sento. Percepisco, invece, la morbidezza di una mano spalmata di una vellutata crema, come la mia. Incrocio uno sguardo allegro, desideroso di fare amicizia, come il mio. Mi perdo in un sorriso sincero, genuino, come il mio. Inizia così il mio viaggio in Africa.
Presentazione del volume di Domenico Pisana “Carmelo Lauretta”.
Saluti istituzionali: Prof.ssa Maria Stella Micieli (Presidente Pro Loco Comiso) e Prof.ssa Tina Vittoria D’Amato (Presidente Club per l’Unesco di Comiso)
Modera il giornalista Antonello Lauretta
Interventi di Maria Rita Schembari (Sindaco di Comiso)
Letture di Gianni Battaglia (Regista e attore)
Intermezzi musicali a cura di Andrea Strada
Carmelo Lauretta, nato nel 1917 e morto l’11 settembre del 2011, è un figlio illustre di Comiso, e questa monografia a lui dedicata dal poeta e scrittore modicano Domenico Pisana, ne è una conferma. L’autore disegna tre orizzonti della personalità letteraria di Lauretta. Anzitutto quello poetico, ove Pisana offre al lettore un’analisi critica di diverse raccolte del poeta comisano, tutte intrise di interiorità e religiosità, nonché della capacità di Carmelo Lauretta di leggere, con magistrale ed efficace utilizzo del dialetto siciliano, la sua città, la terra iblea e la sua Sicilia, manifestando una cultura classica non comune e interpretando le inquietudini e i problemi della contemporaneità. Nel secondo orizzonte si staglia il Lauretta autore di novelle e racconti, la cui scrittura vibra di uno stile personale e affabulante, di un dettato narratologico dal quale trasuda il suo ardente desiderio di dialogo umano e di fraternità. Nel terzo orizzonte l’autore offre al lettore una parte della corrispondenza epistolare avuta con Carmelo Lauretta, dalla quale emerge il rapporto umano e di amicizia, intenso e fraterno, che lo stesso ha avuto con il poeta comisano dal 1985 fino al 2007. La bellezza della poesia di Carmelo Lauretta – afferma Domenico Pisana – sta tutta nella delicatezza dei sentimenti, nell’armoniosa e delicata vivacità dell’atto creativo, nello stile semplice e lineare, nella sua capacità di trasfigurazione della realtà e di comunicazione di valori umani e religiosi capaci di ricostruire spazi di un nuovo umanesimo.
Presentazione del volume di Antonio Barone “La storie di Nino”.
Dialoga con la direttrice del Museo Diocesano di Trapani, Anna Pia Viola.
In questo libro si racconta la vita di un uomo, un uomo che, come scrive nella sua prefazione Demetra Barone, “ha sempre sognato. Una storia qualunque di un uomo qualunque che diventa la storia unica di un uomo che sogna”. Un sogno, una serie di ricordi che ci fanno conoscere Nino, il protagonista del sogno, attraverso le persone e i luoghi che egli ha incrociato o vissuto. A far da sfondo ai racconti e alle poesie che riempiono le pagine di questo volume c’è più di mezzo secolo di storia italiana. Una storia che parte dai primi anni ‘60 del secolo scorso per concludersi “l’altro ieri”, con il racconto che ha per “protagonista” il Covid-19. In mezzo c’è la Sicilia, il paesino natio dell’autore e la sua infanzia, i suoi amori, i suoi viaggi, i suoi amici, la sua famiglia. “Questo è Le storie di Nino, un libro di racconti e poesie che ci fa conoscere la vita semplice di un uomo che continua a sognare”.
Presentazione del volume di Maria Bruna Noto “Ragazzi scalzi”.
Sono sempre stata definita “nera”. Neri i miei capelli, neri i miei occhi, scura la mia carnagione. Ho sempre vissuto dentro schemi preconfigurati, galleggiando nelle mie certezze, sguazzando tra le mie convinzioni. Un giorno ricevo una chiamata: ho la possibilità di essere assunta presso la cooperativa sociale Filotea. Accetto. Vengo accolta da un rassicurante coordinatore. Bianco. Durante il nostro colloquio entra nella stanza un ragazzo, un mediatore culturale. Nero. Mi porge la sua mano per una stretta. Non ho mai dato la mano a un uomo di colore… mi alzo in piedi e gliela stringo. Non posso non rimanere rapita da quell’intersecarsi di dita, da quell’unione di due mani, di due mondi. Contemplo le nostre mani, una bianca e una nera, in quell’immagine da sempre vista su copertine di giornali o fotografie. Ma quella mano è la mia! Improvvisamente mi sento bianca. Avverto nel colore della mia pelle un candore mai sperimentato prima. Vedo la diversità ma non la sento. Percepisco, invece, la morbidezza di una mano spalmata di una vellutata crema, come la mia. Incrocio uno sguardo allegro, desideroso di fare amicizia, come il mio. Mi perdo in un sorriso sincero, genuino, come il mio. Inizia così il mio viaggio in Africa.
Presentazione del volume di Sandro Vero, “Lo spazio dentro”.
Dialoga con l’autore Meno Occhipinti
La narrazione del neo-capitalismo contemporaneo, centrata sul paradigma dell’imprenditoria del sé, sfrutta le passioni, liofilizzate, sterilizzate, per portare al cuore del soggetto quella che Foucault definì la “strategia di soggettivazione”. L’intera filiera non richiede continue messe a punto: una volta che il processo si è reso naturale, quello che nel frattempo si è trasformato nell’individuo è parte di un meccanismo che è insieme semiotico, ideologico, comportamentale. Questo libro completa il viaggio lungo il percorso del mito contemporaneo, iniziato con Il Mito Infinito (Il Prato, Padova, 2016) e proseguito con Il racconto delle passioni” (Bonanno, Catania, 2019), che offre al capitalismo – nella sua vocazione “pubblicitaria” – il principale strumento di manipolazione delle coscienze.
Presentazione del volume di Carmela Sgarioto “Dizionario dei soprannomi ragusani” e della raccolta di poesie “Na vuci”.
Dialogano con l’autrice il professore Giorgio Flaccavento.
Una parola, a volte due. Tante ne bastano a raccontare una persona, le sue caratteristiche fisiche, il mestiere, il carattere, i vezzi, l’appartenenza familiare e tutta la sua storia. Una parola, a volte due, per tornare con la memoria a un’epoca lontana ma ininterrotta; assaporarne l’atmosfera ripassando in bocca quelle parole per ripeterle o almeno tentare A “nciuria” è un’identità grande. È innanzitutto una tradizione, popolare e vivida, affettuosa e ruvida. È il sunto, minimo e un po’ sprezzante di una persona o di una famiglia intera, in tutte le sue generazioni. È un nome, con tutto il potere evocativo che solo i nomi possiedono. Quest’opera ha il merito di approfondire la nostra storia per restituircene una parte unica; un pozzo che penetra e riporta in superficie. Da ragusano, posso affermare che queste sono pagine preziose per la nostra comunità. (Peppe Cassì, Sindaco di Ragusa)
Na vuci è la prima raccolta poetica di Carmela Sgarioto. Essa è composta da trentasei liriche in dialetto ragusano, che possono essere classificate, tematicamente, sotto un’etichetta unica: poesie d’amore. Ma diverso è l’amore delle prime ventisei liriche rispetto a quello delle ultime sette. Le prime hanno per oggetto la persona amata, la persona del cuore, e le vicende di una vita non sempre felice, le seconde, invece, guardano con amore al
tempo della giovinezza e alle persone care. Poesie della memoria, nell’un caso e nell’altro, perché la persona o le persone amate, i luoghi evocati, gli ambienti e i quartieri di Ragusa, le persone che quegli ambienti hanno riempito lasciando traccia nella memoria di un’attenta fanciulla, non sono più le persone e i luoghi del presente, ma appartengono al passato.